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La secolare tradizione dei contenitori di vino e olio

L’olio di oliva e il vino si vendono in bottiglie scure, legate a una città che produce, da sempre, manufatti in vetro così famosi da essere connotati con il “verde Empoli” (come documentato nel Museo del vetro locale).  L’attività vetraria si è sviluppata in Toscana come indotto del vino nel Chianti, che ebbe come simbolo il celebre fiasco al quale gli artigiani si ingegnarono nell’aggiungere una copertura in paglia, utile per il trasporto. Questa manualità si estese ad altri oggetti di uso quotidiano o a creazioni artistiche, con radici fino all’alto Medioevo. Basti pensare che la cittadina di Gambassi, sempre in Val d’Elsa, era particolarmente rinomata sin dal XIII secolo per il “gambassino”, il bicchiere più diffuso (e rappresentato nei dipinti) in Germania, Svizzera, Olanda e nell’area mediterranea. Ciò grazie al lavoro di chonpagnie di bichierarii (presenti anche nella vicina Montaione) i quali, nel corso del XIV e del XV secolo avevano avviato attività in Italia e Ungheria. A Gambassi, un museo racconta questa storia avvincente, mentre a San Gimignano sei rarissimi gambassini trecenteschi, ancora intatti, sono conservati nel Museo archeologico. Quasi scontato aggiungere che, a Colle di Val d’Elsa, si colloca una delle più importanti produzioni di cristallo a livello mondiale. Si inseriscono in questo contesto altre realtà come l’Industria vetraria valdarnese (Ivv), nata come cooperativa nel 1952. Se poi guardiamo ai grandi contenitori per la conservazione di olio e vino, prima ancora delle botti in legno o dell’acciaio era la terracotta il materiale di riferimento. Gli orci, manco a dirlo, venivano prodotti contestualmente alle vigne e agli oliveti: una ricca tradizione è ancora testimoniata (oltre agli spazi espositivi e di “narrazione”) dalle aziende di Impruneta (Firenze) e Petroio (Siena). Intanto si assiste a una riscoperta della terracotta per le bottiglie per l’olio, talvolta decorate da artisti.

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