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La cultura nel piatto: Boccaccio e l’arte del convivio

Un viaggio gastronomico nella letteratura dove i sapori della tradizione toscana incontrano le pagine immortali del Decamerone. Vetrina Toscana rende omaggio a Giovanni Boccaccio, a 650 anni dalla sua scomparsa. Lo fa raccontando alcune delle vivaci descrizioni gastronomiche disseminate nell’opera , dove il convito assume un ruolo cardine nella tessitura narrativa e sociale.

Un posto di rilievo lo occupa la cipolla di Certaldo, un prodotto che nel Medioevo aveva già conquistato tale prestigio da meritare un posto nello stemma dei conti Alberti. Non è un caso che lo stesso Boccaccio, nel VI libro del Decamerone, ne tessesse le lodi attraverso il personaggio di frate Cipolla, in un passaggio che celebra questo ortaggio come vanto del territorio toscano. Questo prezioso bulbo, oggi Presidio Slow Food, deve il suo caratteristico bouquet aromatico ai terreni sulfurei della Val d’Elsa.

Nel ricco tessuto narrativo del Decamerone, Boccaccio intreccia con maestria i piaceri della tavola con quelli dell’amore, creando un linguaggio metaforico tanto raffinato quanto popolare. Lo scrittore certaldese si rivela un virtuoso nell’arte di trasformare il lessico gastronomico in un codice suggestivo per narrare le vicende amorose dei suoi personaggi. La dimensione alimentare diventa così chiave di lettura privilegiata per accedere ai significati più maliziosi del testo. Il “digiuno” e la “dieta” si caricano di sensi nascosti, alludendo alle privazioni della carne in tutte le sue accezioni. Come anche il testo allusivo dedicato ad un altro ortaggio del genere Allium, il porro, che diventa simbolo dell’amore senile.

Anche un’espressione che ancora oggi colora il nostro linguaggio quotidiano: “Rendere pan per focaccia”, trova in Boccaccio una delle sue più raffinate declinazioni letterarie. Il modo di dire, che allude alla restituzione di un torto subito con una beffa ancora più sottile, si radica nella cultura medievale dove pane e focaccia, pur simili, non erano considerati equivalenti: la focaccia, più elaborata e saporita, rappresentava infatti un “contraccambio” che superava in raffinatezza l’offesa originale. Il modo di dire è certamente antichissimo e se ne trova la prima traccia scritta nell’ottava novella dell’ottavo giorno del Decamerone, laddove il Boccaccio fa dire dalla moglie di Zeppa alla moglie di Spinelloccio: «Madonna, voi m’ avete renduto pan per focaccia.»

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