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Tutte le città che si chiamano Toscana

Se pensiamo a dieci prodotti artigiani rappresentativi della Toscana, l’elenco potrebbe comprendere il marmo di Carrara, i profumi di Firenze, il cappello di paglia di Signa, il tessuto di Prato, la ceramica di Montelupo fiorentino, il cotto di Impruneta, il panno del Casentino, l’oro di Arezzo, il cristallo di Colle di Val d’Elsa, l’alabastro di Volterra. La lista potrebbe continuare, intanto vale la pena soffermarsi su un aspetto: ogni prodotto afferisce a una precisa località. Ciò vale per ogni altro aspetto della vita: ogni realtà ha prodotti enogastronomici, modi di dire, sfumature negli accenti, stili di vita, tradizioni. Non è un caso: il territorio toscano ha avuto diversi centri di potere, stati indipendenti, varie zone con una relativa autonomia, influenze culturali disparate. Ad esempio, Lucca è stata una repubblica indipendente fino all’unità d’Italia; i Medici, formando il Granducato di Toscana, garantirono l’autonomia dello “stato nuovo” senese rispetto a quello fiorentino (ciò comportava leggi, istituzioni, sistemi di misura e perfino un calendario diversi); alcune aree a nord ovest sono appartenute al Ducato di Modena e Reggio; a Piombino dominavano gli Appiani; la zona di Orbetello e dell’Argentario è stata per qualche secolo un piccolo stato spagnolo.  Sembra un paradosso, eppure la regione italiana più conosciuta nel mondo (le altre sono per lo più fagocitate città-simbolo: si conoscono Torino, Milano, Venezia, Roma o Napoli più della regione di appartenenza) non ha quasi niente di veramente “regionale”. Ma questa pluralità di centri vitali, questa stratificazione identitaria, a ben vedere è la parte più bella della Toscana e dell’Italia.

(Foto: il cristallo di Colle Val d’Elsa. Provenienza: sito dell’Ambito)

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