Il Museo Civico Archeologico “Isidoro Falchi” , (MUVET) di Vetulonia (una delle più importanti città della Dodecapoli etrusca ) non è solo il custode di preziosi reperti del popolo italico, che ne raccontano la vita quotidiana e le credenze religiose, ma è anche un punto di riferimento cruciale per la riscoperta e la valorizzazione della musica etrusca.
Il Muvet si distingue per il suo approccio innovativo e la sua attenzione alla dimensione sonora della civiltà etrusca. E non a caso vi è stato sviluppato un progetto dedicato all’Otium degli Etruschi”, che indaga i momenti conviviali, di svago e intrattenimento di questa civiltà, ove la musica occupa un ruolo di primissimo piano.
La direttrice scientifica del museo, Simona Rafanelli, insieme al noto sassofonista jazz Stefano “Cocco” Cantini, ha dato vita al progetto “La musica perduta degli Etruschi“. Un ambizioso lavoro di ricerca e sperimentazione che mira a recuperare i suoni autentici degli antichi strumenti etruschi, in particolare i flauti a doppia canna (aulos), basandosi su reperti archeologici e raffigurazioni iconografiche.
In una vetrina dedicata, e correlata alla web app del Museo, si possono ammirare gli strumenti a fiato. Si sono riprodotti per misure e materiale (legno di bosso stagionato) prototipi di alcuni strumenti musicali, restituiti dal carico di una nave affondata intorno al 600 a.C. nelle acque della Baia del Campese, Isola del Giglio, e dal corredo funerario di una tomba del V secolo a.C. della Necropoli di Tempe del Prete a Paestum. Da qui, grazie all’app, inizia un percorso sonoro accessibile anche al pubblico non vedente e ipovedente, al quale è riservata l’opportunità unica di un’esperienza tattile sugli oggetti. Il suono del flauto richiama esattamente quello che veniva suonato 2600 anni fa.
Per info https://www.museoisidorofalchi.it/