Nel 1440 Luca della Robbia – zio di Andrea, scultore e ceramista di cui ricorre quest’anno il cinquecentenario della morte – perfezionava la sua rivoluzionaria tecnica della terracotta invetriata, quella stessa materia prima sarebbe diventata non solo veicolo di bellezza eterna, ma anche custode di tradizioni culinarie millenarie.
La tecnica robbiana, attraverso un processo simile alla fossilizzazione, garantiva straordinaria resistenza nel tempo. Le robbiane divennero supporti artistici apprezzatissimi, permettendo pitture “imprigionate” nella ceramica.
Ma la terracotta toscana non si limitava alle botteghe d’arte: nelle fornaci di Impruneta nasceva il peposo, uno dei piatti simbolo della cucina regionale.
Gli addetti alle fornaci “inventarono” questa ricetta utilizzando i tegami da loro prodotti, cuocendo la carne di manzo negli angoli dei forni accesi per la ceramica. Una sinergia perfetta tra arte e vita quotidiana. Il peposo – dal caratteristico sapore pepato che gli dà il nome – nasce dall’incontro tra necessità e genialità popolare: carne di manzo tagliata a pezzi, vino rosso robusto, aglio e abbondante pepe nero, per coprire il sapore molto intenso della carne. Ingredienti semplici che richiedevano però una cottura lentissima, di almeno quattro ore.
La leggenda vuole che persino Filippo Brunelleschi, impegnato nella costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore, apprezzasse questo piatto sostanzioso che gli operai delle fornaci preparavano nei loro tegami di terracotta.
Non è un caso che Vetrina Toscana, il progetto della Regione che promuove il turismo enogastronomico, abbia scelto una “robbiana” come proprio simbolo, ispirato all’opera “Testa di una gioventù” di Luca della Robbia. Con le caratteristiche ghirlande di fiori e frutta rappresenta la continuità tra passato e presente all’insegna di un “Rinascimento senza fine”.
A questo link la ricetta del peposo https://www.vetrina.toscana.it/ricette/peposo/