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Il turismo enogastronomico driver della promozione del territorio

Un ambasciatore del “bello, buono e ben fatto” tipico della Italian way of living, in un mondo dove le tendenze sono cosmopolite ma vanno alla ricerca delle specificità dei territori. Una risorsa economica di primaria importanza per l’industria dei viaggi. E una cartina di tornasole delle tendenze emergenti più interessanti non solo in termini di viaggi, ma anche di stili di vita. Questo l’identikit del segmento che emerge dalla ricerca, presentata lunedì 12 febbraio in occasione della Bit 2018: Il turismo enogastronomico, driver della promozione del territorio a livello nazionale e locale, promossa da Fiera Milano Spa e dall’Osservatorio di Bit e condotta da Magda Antonioli Corigliano, Coordinatrice del Master in Economia del Turismo (MET) dell’Università Bocconi di Milano, e Sara Bricchi, Ricercatrice MET Bocconi.

 

I numeri e la dimensione economica

 

Il 75% dei viaggiatori sceglie come meta di vacanza una destinazione rinomata per il cibo (Fonte: Booking.com, 2016) e l’impatto economico del settore è rilevante: il food & beverage rappresenta circa il 25% delle spese di ogni turista e può salire fino al 35% (Fonte: World Food Travel Association, 2017), cui si aggiunge l’indotto. Molti sono coloro che dichiarano di comprare in viaggio prodotti enogastronomici da portare a casa ed altrettanti quelli che continueranno a farlo una volta rientrati in patria. Secondo GFK, il 59% dei turisti stranieri in italia acquisterà cibo italiano una volta a casa in conseguenza del viaggio e il 54% vino (Fonte: GFK Eurisko, 2015). La riconoscibilità del marchio Italia e dei prodotti italiani fa da traino anche per le esportazioni agroalimentari: nel 2017 il volume ha superato i 40 miliardi di euro, con una crescita di oltre il 70%nell’ultimo decennio (Fonte: Coldiretti, 2017).

Un impatto che è però anche qualitativo: il turismo enogastronomico caratterizza la destinazione, valorizza le mete meno note, contribuisce alla destagionalizzazione e favorisce la fidelizzazione dei viaggiatori. Ma chi sono oggi i gastronauti? Sono tanto italiani (50,3%) quanto stranieri (49,7%) e, per quelli esteri, i principali mercati di provenienza sono Francia (25,9%), Germania (22,5%) e Regno Unito (16,9%) (Fonte: Unioncamere – Sicamera, 2016). Per il Censis (2017) sono 13,7 milioni gli italiani che nel 2016 hanno fatto vacanze o gite giornaliere enogastronomiche, per un giro d’affari complessivo stimato da Città del Vino (2017) in circa 2,5-3 miliardi di euro, con prospettive di crescita.

 

Globali ma locali, digitali ma concreti

 

Intrinsecamente legata al territorio e alla socialità, oggi anche l’enogastronomia non può comunque prescindere da uno stretto rapporto con il web e la scelta di “cosa” e “come” mangiare nasce spesso dal confronto con una community. Il 74%dei consumatori mostra fino al 40% di probabilità in più di acquistare da brand che comunicano online i loro valori e in particolare tramite i social media; il 46% delle aziende turistiche che interagiscono sul web riceve feedback mediamente più positivi (il 55% sostiene inoltre che i social media abbiano contribuito ad aumentare il business) (Fonte: ILTM ed Euromonitor, 2015).

I viaggiatori condividono le esperienze enogastronomiche sui social media, ma sul web cercano anche recensioni e consigli (87% importanti; Fonte: TripAdvisor, 2017). Dopo gli Stati Uniti, l’Italia è il Paese più cercato per le recensioni di ristoranti (Fonte: Tripadvisor, 2017) e tre destinazioni italiane, Firenze (15ma), Milano (16ma) e Roma (25ma), sono tra le 25 di maggiore appeal enogastronomico (Fonte: Booking, 2016).

Lo studio ha analizzato nel dettaglio il caso di Instagram, prendendo in considerazione i post pubblicati dai profili ufficiali delle agenzie regionali/dalle DMO nel periodo 10 dicembre 2016 – 10 Dicembre 2017 (5.158 post). Le regioni più attive risultano essere Trentino (con più di 2,5 post al giorno) e Lombardia (con circa 2 post al giorno), quelle con maggior seguito sono invece Toscana e, a grande distanza, Puglia, Alto Adige e Trentino.  Ad eccezione della Puglia (la cui promozione è incentrata al 40,1% sull’enogastronomia) del Piemonte (31,8%) e, in minor misura, di Calabria (25,7%), Sicilia (18,7%), Liguria (18,2%) e Alto Adige (17,1%), la percentuale di post delle diverse regioni dedicato a questo tema è in media piuttosto basso. Nonostante questo, nel complesso nell’ultimo anno i 20 account ufficiali delle regioni hanno pubblicato circa 730 tra immagini e video dedicati al cibo, raccogliendo quasi 765.000 like e oltre 8.000 commenti.

E proprio perché la Rete rende i grandi trend sempre più globalizzati, e quindi relativamente omogenei – favorendo ad esempio i trend salutistici (si stima che in Italia vegetariani e vegani siano oltre il 9% della popolazione; Fonte: Gfk Eurisko – Tre Valli, 2015) – i gastronauti vanno alla ricerca di ciò che è più caratterizzante e unico in un territorio. Sono 18 milioni gli Italiani che acquistano prodotti locali con regolarità – per il 40,7% i prodotti a km zero sono sinonimo di qualità (Fonte: Censis 2016) –  e cresce anche l’attenzione per la sostenibilità, che significa tanto sostenibilità ambientale e salute (35%)quanto comunicazione e trasparenza (25%) (Fonte: GFK Eurisko).

In fatto di evoluzione dei gusti, la ricerca evidenzia una grande attenzione verso la cucina dei territori e una dialettica fra semplicità (intesa soprattutto come attenzione verso la provenienza delle materie prime e ricerca di una minore manipolazione possibile nella preparazione) e neurogastronomia, ovvero un approccio più “scientifico” al momento enogastronomico che mira a esaltare l’esperienza sensoriale.

 

L’enogastronomia come narrazione emozionale

 

La ricerca ha evidenziato come la scelta di una destinazione rispetto a un’altra sia dettata dalla qualità dell’offerta e dell’esperienza, dalla ricchezza della tradizione gastronomica e della cucina locale, dagli eventi organizzati nell’area e solo in quarta battuta dalla tipologia di vino prodotta nella regione. In conclusione, il turismo enogastronomico può essere uno strumento importante per uno sviluppo armonico e sostenibile in particolare per le aree rurali e le destinazioni al di fuori dei circuiti più noti, contribuendo a preservare il territorio e le tradizioni locali, nonché a garantire occupazione ed un futuro alle comunità residenti.

Tanto nella componente di ristorazione quanto in quella di ricettività, la ricerca conferma il ruolo dell’enogastronomia quale componente intrinseca della cultura e dell’ospitalità italiane, fondata sulla salvaguardia dell’autenticità e dei valori tradizionali. Cibo e vino, a pari merito con città e arte (48%), sono la principale motivazione per effettuare una vacanza in Italia (mentre il principale ostacolo è il prezzo per il 43%Fonte: IPSOS, 2017). Anche per il Country Brand Index l’Italia risulta essere al primo posto con riferimento al cibo. Sul web, dopo sport e politica, il brand Italia è associato a Made in Italy (19%), food (12%) e turismo (12%) e il food è la categoria in cui lo spread tra sentiment negativo e positivo è più alto a favore del secondo (27%), seguito da cultura (24%) e turismo (23%) (Fonte: IPSOS, 2017).

Il momento di consumo, per molto tempo visto come punto finale del processo decisionale, è oggi centrale nelle future decisioni di viaggio dei potenziali turisti, su cui agisce come brand ambassador. Valorizzare l’enogastronomia può quindi consentire a destinazioni e DMO di costruire una narrazione più suggestiva ed emozionale, capace di attirare l’attenzione anche di viaggiatori sempre più esigenti.

Un ulteriore risultato della ricerca palesa come anche nella sharing economy, attraverso l’home restaurant, i foodies ricerchino esperienze locali legate al cibo, al territorio e alle autenticità e tipicità.

[FONTE: BIT 2018]

Temi:

Di adm

13 Feb, 2018

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